Il Tribunale civile di Milano ha recentemente emesso una sentenza, in linea con le norme “Digital Service Package”, in cui ha condannato, per la prima volta in Italia, il social network Meta al risarcimento danni nei confronti di Snaitech, per non aver prontamente rimosso dei post «diffamatori».
La nostra partner Daniela De Pasquale, intervistata da ItaliaOggi sul tema, ritiene che questa sentenza confermi che si sia giunti «al tramonto del principio della net neutrality – evocato dai colossi del web sulla base della direttiva «e.commerce» CE 2000/31, secondo il quale gli Internet Service Providers sono semplicemente il tramite tra gli utenti e la rete e non rispondono dei contenuti caricati dagli stessi, sino a formale e circostanziata richiesta e, in alcuni casi, sino all’intervento di una pronuncia. Chi si occupa di questa materia lo sa: non è mai stato facile ottenere la rimozione da un social media di contenuti diffamatori. La decisione si fa dunque interprete di un mutato paradigma della responsabilità degli ISP, coerente con l’evoluzione giurisprudenziale nazionale e della Ue. Quando il DSA sarà efficace le piattaforme saranno destinatarie di numerosi obblighi e incoraggiate a dotarsi di strumenti atti a prevenire il caricamento di contenuti illeciti. E poi dovranno introdurre procedure snelle e trasparenti per la risoluzione di controversie onde ridurre la permanenza di condotte violative dei diritti. La sentenza del Tribunale di Milano, insomma, per me è l’ultima tappa di un percorso iniziato anni fa, con la creazione della categoria dei providers del cosiddetto «hosting attivo». E poi il tema del riconoscimento di una responsabilità omissiva derivante da diffamazione online non è nuovo per Facebook. Nel 2019 il Tribunale di Roma aveva condannato Facebook al risarcimento del danno per avere ritardato – pur essendone a conoscenza- la rimozione di contenuti lesivi del diritto d’autore ed all’onore e reputazione del danneggiato».
L’intervista completa è disponibile in formato PDF a questo link