Nella sessione plenaria del 24 aprile 2024, il Parlamento europeo – con 374 voti a favore, 235 contrari e 19 astenuti – ha approvato il testo definitivo della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (direttiva 2024/1760/UE – “CSDDD”). L’iter di adozione della direttiva si è concluso formalmente il 24 maggio 2024 con il voto favorevole espresso dal Consiglio dell’Unione.
La direttiva, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 5 luglio 2024, è entrata in vigore il 26 luglio 2024.
Gli Stati membri dovranno recepire la CSDDD nel quadro delle loro legislazioni nazionali entro il 26 luglio 2026.
Sebbene la versione attuale della direttiva risenta del compromesso raggiunto tra i singoli Stati nel marzo del 2024 – risultando infatti ridimensionata, nel suo ambito applicativo, rispetto alla proposta originaria – la sua portata dirompente è innegabile, così come è fuori discussione l’incidenza modificativa che la stessa avrà, nei prossimi anni, sulle scelte strategiche degli operatori di impresa e sul mercato nel suo complesso.
I propositi, le finalità e gli assunti di fondo della direttiva concorrono a definire una prospettiva giuridica e politico-economica particolarmente innovativa, la cui originalità traspare plasticamente negli oltre novanta “considerando” che costituiscono le premesse del testo normativo. Una prospettiva, questa, caratterizzata in primo luogo dalla rilevanza attribuita alla dimensione valoriale posta a fondamento dell’Unione, nonché dalla convinzione per cui, al fine di garantire la promozione e l’effettiva attuazione dei valori fondanti l’Unione europea stessa, sia necessario e improrogabile l’attivo coinvolgimento, in generale, di tutti i soggetti privati e, in particolare, delle imprese.
La CSDDD introduce, per imprese che presentino determinate caratteristiche strutturali, una serie di obblighi attinenti alla gestione degli impatti negativi su diritti umani e ambiente che si verificano – o che possono verificarsi, rilevando in un’ottica anche solo potenziale – nell’ambito delle proprie attività, di quelle delle società da loro controllate e di quelle svolte dai loro partner commerciali; obblighi resi effettivi da meccanismi in grado di far valere la responsabilità delle imprese in caso di violazione degli stessi.
La direttiva prevede inoltre, a carico delle medesime società, l’obbligo di adottare e attuare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici, e ciò al preciso scopo di garantire la compatibilità dei modelli e delle strategie aziendali con gli obiettivi, sanciti dall’accordo di Parigi del 2015, di contenimento dell’incremento del riscaldamento globale entro la soglia di 1,5 °C.
Nell’ambito soggettivo di applicazione della CSDDD – definito sulla scorta di parametri di carattere perlopiù dimensionale – rientrano le società che soddisfano alcune condizioni, previste dall’articolo 2 della direttiva, afferenti principalmente al livello di fatturato netto e al numero di dipendenti in servizio.
Più nel dettaglio, per le società costituite in conformità alla normativa di uno Stato membro, l’applicazione della CSDDD è subordinata all’aver avuto, nell’ultimo esercizio, oltre 1.000 dipendenti e un fatturato netto, a livello mondiale, superiore a euro 450.000.000. Per espressa previsione del legislatore europeo, inoltre, sono assoggettate agli obblighi della direttiva anche le società a capo di gruppi che hanno raggiunto i livelli minimi di fatturato e di numero di dipendenti poc’anzi menzionati, nonché le società che abbiano concluso, nell’Unione, accordi di franchising o di licenza con società terze a fronte di royalties superiori a euro 22.500.000 e che abbiano conseguito un fatturato netto, a livello mondiale, superiore a euro 80.000.000.
La CSDDD si applica anche a società extra UE, che generano ricavi nel territorio degli Stati membri: in tal caso valgono gli stessi requisiti, ad eccezione della condizione del numero minimo di dipendenti.
Con specifico riguardo ai gruppi di società, la CSDDD prende poi in considerazione l’ipotesi in cui l’attività principale della società capogruppo consista nella partecipazione in società e non comporti l’adozione di decisioni gestionali che possano incidere sul gruppo o su una o più delle sue controllate; in tal caso, si prevede espressamente l’esenzione della capogruppo dall’adempimento degli obblighi previsti dalla direttiva, purché una delle sue controllate venga designata per adempiere a tali obblighi per conto della capogruppo.
Ad ogni modo, affinché le prescrizioni della CSDDD possano trovare concreta applicazione, si richiede che le società coinvolte soddisfino le condizioni sopra esposte per due esercizi finanziari consecutivi.
Le imprese rientranti nelle categorie qui considerate dovranno, secondo quanto disposto dall’articolo 5 della direttiva, esercitare “il dovere di diligenza basato sul rischio in materia di diritti umani e ambiente” e ciò, chiaramente, al precipuo scopo di prevenire o ridurre gli impatti negativi che possono emergere in tali ambiti.
In questa prospettiva, ciascuna società sarà quindi tenuta a porre in essere una serie di azioni specificamente individuate, quali: integrare il dovere di diligenza nelle proprie politiche e nei propri sistemi di gestione dei rischi; individuare, valutare, prevenire e attenuare, con misure adeguate, gli impatti negativi derivanti dal proprio business, siano essi effettivi o potenziali e attribuire livelli di priorità ai predetti impatti; fornire adeguati rimedi a fronte del verificarsi di un impatto negativo; avviare un dialogo significativo con gli stakeholders; istituire un meccanismo idoneo a consentire segnalazioni e reclami in merito agli impatti negativi della società; effettuare valutazioni periodiche sull’efficacia e sull’adeguatezza delle politiche e delle misure adottate; pubblicare annualmente, sul proprio sito web, una dichiarazione in cui dare atto delle attività svolte per prevenire o attenuare gli impatti negativi su diritti umani e ambiente.
Nell’ottica di promuovere uno sviluppo economico sostenibile, il legislatore europeo, con l’assetto normativo qui brevemente illustrato, ha inteso regolamentare anche la gestione degli impatti negativi su ambiente e diritti nell’ambito della “catena di attività” delle imprese (c.d. “supply chain”).
Gli obblighi di due diligence introdotti dalla CSDDD, infatti, incombono sulle società anche in relazione alle attività svolte dai loro partner commerciali.
In questa prospettiva, il riferimento alle attività dei partner commerciali comprende, per un verso, le attività che tali soggetti svolgono “a monte” di una società rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva, ossia attività di impresa afferenti alla produzione dei beni e alla prestazione dei servizi offerti da tale società e, per altro verso, le attività svolte “a valle”, riguardanti la distribuzione, il trasporto e l’immagazzinamento dei prodotti della società medesima. Detto in altri termini, le grandi imprese dovranno individuare, prevenire, mitigare, ridurre o interrompere gli impatti negativi, su diritti umani e ambiente, che possono concretizzarsi, o effettivamente verificarsi, lungo tutta la catena del valore.
Ma non è tutto. Al fine di garantire l’esatta osservanza degli obblighi posti dalla CSDDD, ciascuno Stato membro dovrà designare una o più autorità di controllo.
Secondo quanto statuito espressamente dal testo della direttiva, tali autorità potranno: 1) effettuare indagini – d’ufficio o a seguito di specifiche segnalazioni – in merito a ipotesi di violazione, da parte di una società, delle disposizioni di diritto nazionale che avranno recepito la disciplina della direttiva; 2) compiere ispezioni, previo avviso alla società coinvolta e nel pieno rispetto del diritto nazionale dello Stato membro in cui si svolgerà l’ispezione; 3) ordinare alla società oggetto di indagine di porre fine alla violazione rilevata, di astenersi da qualsiasi reiterazione della condotta e, se del caso, di fornire rimedi proporzionati. Inoltre – e questo è, forse, il profilo più rilevante – le autorità di controllo avranno anche il potere, a fronte di accertate violazioni, di irrogare le relative sanzioni.
Quanto a quest’ultimo punto, l’impianto normativo della CSDDD lascia in linea generale ai singoli Stati membri alcuni margini di manovra, rimettendo a essi l’individuazione delle sanzioni, a condizione che queste siano effettive, proporzionate e dissuasive.
Gli Stati membri dovranno, in ogni caso, prevedere sanzioni di carattere pecuniario, il cui tetto massimo non potrà comunque essere inferiore al 5% del fatturato netto mondiale conseguito dalla società nell’esercizio che precede l’adozione della decisione impositiva della sanzione pecuniaria. Nell’eventualità di non ottemperanza agli obblighi di prevenzione e/o interruzione degli impatti negativi, la disciplina introdotta dalla direttiva precisa che la società possa essere ritenuta civilmente responsabile dei danni cagionati -per effetto di tale inosservanza – a persone fisiche e giuridiche; soggetti, questi, a cui la CSDDD riconosce espressamente il diritto a ottenere un pieno risarcimento in conformità alle specifiche normative nazionali. È comunque esclusa la responsabilità civile della società nel caso in cui il danno sia stato cagionato soltanto dai suoi partner commerciali nell’ambito della sua catena del valore.
Da ultimo, è necessario evidenziare che la CSDDD troverà applicazione secondo l’approccio gradualistico delineato dall’articolo 37, del quale, chiaramente, dovranno tener conto gli Stati membri in sede di recepimento.
In particolare, gli obblighi previsti dalla direttiva riguarderanno:
1) decorsi tre anni dalla sua entrata in vigore (quindi a partire dal 26 luglio 2027), soltanto le società, UE che abbiano avuto più di 5.000 dipendenti e abbiano generato un fatturato netto, a livello mondiale, superiore a euro 1.500.000.000 nell’ultimo esercizio, precedente al 26 luglio 2027, nonché le società costituite in conformità alla legislazione di un Paese terzo che abbiano generato un fatturato netto di oltre euro 1.500.000.000 nell’Unione nell’esercizio antecedente all’ultimo esercizio precedente al 26 luglio 2027.
2) decorsi quattro anni dalla sua entrata in vigore (dal 26 luglio 2028), le società, costituite in conformità alla normativa di uno Stato membro, che abbiano avuto più di 3.000 dipendenti e abbiano generato un fatturato netto, a livello mondiale, superiore a euro 900.000.000 nell’ultimo esercizio, precedente al 26 luglio 2028, nonché le società costituite secondo la legislazione di un Paese terzo che abbiano generato un fatturato netto superiore a euro 900.000.000 nell’Unione nell’esercizio antecedente all’ultimo esercizio precedente il 26 luglio 2028.
3) decorsi cinque anni dalla sua entrata in vigore, (26 luglio 2029) tutte le altre società, costituite in conformità alla legislazione di uno Stato membro, che abbiano avuto, nell’ultimo esercizio, oltre 1.000 dipendenti e un fatturato netto, a livello mondiale, superiore a euro 450.000.000 e le società extra UE che abbiano avuto, nell’ultimo esercizio, un fatturato netto a livello UE superiore a euro 450.000.000.