Il 12 febbraio 2024, con le sentenze n. 2858 e n. 2872, il TAR Roma ha annullato il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (“PiTESAI”), approvato con decreto del 28.12.2021, n. 548, dell’allora Ministro della Transizione Ecologica, con cui erano state delimitate le aree “idonee” all’esercizio delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi all’interno del territorio nazionale, riducendo considerevolmente lo sfruttamento di giacimenti nazionali di idrocarburi.
In particolare, il TAR Roma, ha accolto i ricorsi promossi da Gas Plus e Padana Energia, con l’intervento ad adiuvandum di Rockhopper Civita Limited, ravvisando diverse carenze istruttorie e motivazionali nella procedura di redazione e approvazione del Piano, che ne hanno inficiato la legittimità.
Secondo il TAR, durante la fase di Valutazione Ambientale Strategica (VAS), il Ministero aveva violato le garanzie partecipative, omettendo di considerando i contributi offerti da associazioni di riferimento per le aziende del settore minerario, come Assorisorse.
Il TAR ha anche evidenziato come il PiTESAI, nella versione finale, non fosse accompagnato da una rappresentazione grafica completa delle aree e come questa fosse una carenza insanabile.
Il TAR ha censurato altresì le modalità con cui il Ministero aveva individuato le aree “idonee” all’esercizio delle attività minerarie: invece di effettuare, una preventiva valutazione sito-specifica delle singole situazioni, come prescritto dall’art. 11-ter del D.L. 135/2018, (convertito in l. n. 12/2019), il Ministero aveva effettuato un’individuazione di tipo residuale, applicando al territorio interessato dal PiTESAI una serie di “fattori escludenti”, prestabiliti in via generale, astratta e trasversale. In questo modo, secondo il TAR, la natura astratta dei vincoli ha illegittimamente interessato titoli minerari in essere, dando vita a divieti di estrema estensione e rigidità.
Criticata anche la casistica 2.B.II.3 del PiTESAI, che subordina la prorogabilità dei titoli concessori produttivi e/o improduttivi da meno di cinque anni, ricadenti in “area non idonee”, al previo superamento di una “complessa ed aleatoria” analisi dei costi/benefici. Secondo il TAR, tale modalità, basata, peraltro, su fattori non fissati dalla legge, né individuati da un provvedimento amministrativo, aveva introdotto notevoli rigidità.
È stata, infine, censurata la casistica 2.B.II.1 del Piano nella parte in cui aveva escluso la prorogabilità dei titoli concessori ricadenti in aree potenzialmente idonee ed improduttivi da più di sette anni, atteso che la soglia di improduttività (come pure quella dei cinque anni relativa alle concessioni site nelle aree non idonee) era tale da ricomprendere anche i periodi in cui il fermo produttivo era stato espressamente autorizzato dai competenti organi amministrativi.
Il Governo, ossia l’attuale Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, potranno presentare appello avverso le sentenze del TAR; in alternativa (o in aggiunta), è possibile – anzi, auspicabile – l’avvio di un lavoro di razionalizzazione di regole stratificate da decenni di spinte contrapposte e di governi di diverso “colore”.
Allo stato, l’annullamento del PiTESAI comporta un ritorno allo status quo ante. Non è escluso che possa aversi anche una riviviscenza, ove possibile, di concessioni già scadute o in procinto di scadere. Resta anche da capire che impatto avranno le sentenze su alcune norme collegate al PiTESAI, quali ad esempio la Gas Release prevista dal recente DL Energia, ove, tra le altre cose, si dispone che sono ammessi a partecipare alle procedure per l’approvvigionamento di lungo termine i titolari di concessioni esistenti, i cui impianti di coltivazione di gas naturale sono situati in tutto o in parte in aree considerate idonee nell’ambito del PiTESAI (art. 2, comma 2).