La Cassazione apre al foreign tax credit sui dividendi esteri percepiti da soggetti italiani
Credito di imposta sui dividendi distribuiti a persone fisiche residenti in Italia da società estere residenti in Stati con i quali l’Italia ha concluso una convenzione contro le doppie imposizioni.
Sono queste le conclusioni raggiunte dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza n. 25698/2022.
Per comprendere la portata del principio di diritto espresso dalla Cassazione su una questione che è stata per anni oggetto di dibattito è necessario descrivere brevemente i termini della questione.
Come noto, ai sensi dell’art. 165 del TUIR, le persone fisiche (non imprenditori) che percepiscono dividendi esteri non possono beneficiare del credito per le imposte assolte all’estero sugli stessi dividendi.
Ciò in quanto, il credito per le imposte estere è concesso solo laddove il reddito estero concorre alla formazione del reddito complessivo, mentre i soggetti non imprenditori subiscono l’imposizione sostitutiva con l’aliquota del 26% senza la facoltà (prevista dall’art. 18 del TUIR) di far concorrere il reddito di capitale alla formazione del reddito complessivo. Le più recenti posizioni di prassi (principio di diritto n. 15 del 2019 e risoluzioni nn. 36 e 300 del 2019) confermano tale conclusione.
Per canto loro, le convenzioni contro le doppie imposizioni concluse dall’Italia prevedono la tassazione concorrente dei dividendi nei due stati contraenti (con una limitazione all’aliquota di ritenuta nello stato della fonte), e la possibilità di fruire in Italia del credito per le imposte assolte all’estero.
Tuttavia, la maggior parte delle convenzioni concluse dall’Italia prevede che la fruizione del credito sia esclusa quando l’imposizione tramite ritenuta a titolo d’imposta o imposta sostitutiva avvenga “su richiesta del beneficiario”, opzione esclusa dalla vigente legislazione interna (in vigore dal 2004).
È interessante notare che in undici recenti trattati – stipulati o rinnovati con Protocollo dal 2009 in poi – il tema che qui ci occupa è stato oggetto di un’apposita pattuizione, che prevede l’esclusione del credito di imposta nel caso in cui il reddito non concorre alla formazione del reddito complessivo “anche su richiesta del contribuente”[1].
Da anni la dottrina e gli operatori, nonostante la posizione contraria dell’Agenzia delle Entrate, sostengono in via interpretativa che, nell’ambito delle Convenzioni che contengono la formulazione meno recente, le imposte estere debbano essere considerate deducibili dall’imposta italiana, in quanto la normativa interna sarebbe di fatto incompatibile con le disposizioni convenzionali, le quali prevalgono sul diritto interno.
La Cassazione con la sentenza in commento si è pronunciata proprio su questo punto, enucleando il seguente principio di diritto: “Per i redditi di capitale di fonte estera, direttamente percepiti dal contribuente, persona fisica, titolare di una partecipazione non qualificata in una partnership di diritto internazionale (nel caso, statunitense), qualora l’assoggettamento a imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta – come nell’ipotesi di cui all’art. 27, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, o mediante imposta sostitutiva, del tutto sovrapponibile alla prima in ragione dell’identità di funzione, di cui all’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986 – avvenga non «su richiesta del beneficiano d[el] reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata in un Paese estero (nel caso, Stati Uniti d’America) si deve considerare detraibile”.
Ciò in quanto, nell’opinione della Cassazione, l’interpretazione della locuzione “anche su richiesta del contribuente”, presente nelle convenzioni più recenti, rivelerebbe che quando l’Italia ha inteso negare il credito d’imposta in tutti casi (cioè anche nei casi in cui la ritenuta a titolo di imposta o l’imposizione sostituiva sia obbligatoria) lo ha previsto espressamente. Solo i trattati più recenti, dunque, escluderebbero tout court la possibilità di fruire del credito per le imposte estere in relazione ai dividendi percepiti in Italia.
Ne deriva che nella maggior parte dei casi sarà ora possibile per i soggetti non imprenditori godere del credito per le imposte assolte all’estero in relazione ai dividendi percepiti da società residenti in stati con i quali l’Italia ha concluso una convenzione contro le doppie imposizioni. A tal fine sarà necessario presentare la dichiarazione dei redditi presentata nel Paese estero (quando prevista) e una certificazione rilasciata dall’autorità fiscale estera che attesti il pagamento, oppure una certificazione rilasciata dal sostituto d’imposta accompagnata dalla ricevuta di versamento delle imposte.
Queste conclusioni peraltro si devono considerare applicabili anche nei casi di credito di imposta figurativo (“matching credit”) previsto in alcune convenzioni contro le doppie imposizioni quale ad esempio quella con il Brasile: ai sensi di tale convenzione infatti il credito di imposta spetta nella misura del 25% anche laddove lo stato della fonte (Brasile) non assoggetti ad imposizione il reddito medesimo (in particolare: dividendi, interessi e royalties) [2].
[1] Si tratta delle Convenzioni con Barbados, Cipro, Corea del Sud, Hong Kong, Malta, Mauritius, Monaco, Panama, Romania, Singapore e Taiwan. In tali Convenzioni, l’ultimo periodo del secondo comma dell’art. 23 del trattato è modificato come segue. “Tuttavia, nessuna detrazione sarà accordata ove l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia a imposizione mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, ovvero a imposizione sostitutiva con la stessa aliquota della ritenuta a titolo di imposta, anche su richiesta del contribuente, ai sensi della legislazione italiana”. Formulazione ancora diversa si rinviene nella convenzione con la Colombia (art. 22, comma 2, ultimo periodo), e in quella con la Giamaica (art. 24, comma 2, ultimo periodo), che prevedono che non spetti alcun credito per imposte estere, qualora il reddito estero sia tassato in Italia con ritenuta o imposta sostitutiva “su richiesta o meno del beneficiario del reddito”.
[2] Cfr. art. 23, comma 4 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia ed il Brasile.